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Francesco capisce che  a sua crociata era “predicare la fede di Cristo”, Firenze S. CroceTerminata la visita, Francesco e al-Malik al-Kamil si salutarono probabilmente nella comune convinzione dell'inutilità della guerra. Certamente in Francesco questo era una certezza, nel Sultano forse una scelta di tornaconto politico.  Egli non aveva ottenuto né il martirio, né la conversione dei mussulmani. Possiamo pensare che si sentisse deluso e che pensasse a un fallimento. Aveva però conosciuto un islam diverso da quello “raccontato” in Occidente. Aveva sentito vibrare l'amore nel cuore dei credenti che non rassomigliava a qualcosa di diabolico: Francesco aveva guarito indemoniati, aveva scacciato intere legioni di diavoli che dominavano le città, e quindi sentiva la sensazione che procura il male ad uno spirito sensibile di uomo ascetico. Da questo momento in poi Francesco tace sull'esperienza in Egitto. Non ne parla come aveva sempre fatto con la crociata: non si era mai espresso sulla “missione” militare dei cristiani, non aveva mai commentato sulla utilità della guerra contro quei “diavoli” di islamici. La sua crociata era “predicare la fede di Cristo”.


Il 5 novembre i crociati espugnavano Damietta, la perla dell'Egitto. Francesco non attese l'ingresso dei cristiani nella città e se ne partì. Secondo Pierre Leprohon, nel suo libro Francesco d'Assisi, i frati lasciarono l'Egitto con un salvacondotto fornito da al-Malik con il quale andare in Palestina  e visitare i luoghi santi, quindi secondo questa ipotesi Francesco celebrò la festa di Natale del 1219 in Giudea, insieme a frate Elia e gli altri che predicavano nella provincia “Ultramarina”. Nella primavera Francesco prima di partire da San Giovanni d'Acri, sempre secondo il Leprohon,  incontrò un certo frate  Stefano che gli raccontò della divisione tra i frati, avvenuta durante la sua assenza, a causa della regola; si parlava di tradimenti e che qualcuno stava rivedendo, in maniera meno rigida, la regola. Francesco, raccolti vicino a sé Pietro Cattani, Elia, Cesario da Spira e Stefano, lasciò Luca da Bitonto come reggentePietro Cattani Web della  provincia “Ultramarina", e si imbarcò da San Giovanni d'Acri per far vela verso Venezia. Non sappiamo quali fossero i suoi pensieri durante la traversata, ma possiamo intuire il suo stato d'animo e i suoi pensieri: aveva forse sbagliato a lasciar soli i suoi frati? Aveva rinunciato alla guide delle sue “pecorelle” per andare dietro a una missione a lungo desiderata, ma sempre interrotta da eventi che gli avrebbero dovuto far capire la volontà di Dio? Il suo viaggio in Egitto aveva aiutato a portar “pace tra gli uomini di buona volontà”? Forse era necessario metter le mani su una nuova regola? Arrivato in terra italica Francesco decise di nominare suo vicario Pietro Cattani, dimostrando così la volontà di non tornare alla Porziucola, almeno per il momento.  Arrivato però a Bologna un fatto eclatante metterà a dura prova la pazienza del padre fondatore del movimento francescano. “Giovanni da Staccia aveva istallato un cenobio di frati in una grande casa in muratura e, orrore degli orrori, in quel convento i frati, contro ogni perfetta letizia, si dedicavano agli studi di teologia.21 I frati furono, per ordine di Francesco, subito sfrattati; alcuni di questi andarono a lamentarsi con il Cardinale Ugolino, protettore dei francescani. A questo punto Francesco prese due decisioni: era necessario fare una nuova regola che fosse più chiara; andare a Roma per palare con il papa o con il cardinale Ugolino.
Francesco “non aveva voluto raggiungere Assisi, per non perdere tempo in inutili discussioni, ma si era recato direttamente dal signor papa, per chiedere a lui di prendere in mano la sua fraternità.22 Prima di arrivare a Roma apprende  del martirio dei frati mandati in Marocco.
 I cinque Martiri del  Marocco -  Francisco Henriques, Museo Nazionale, LisbonaDalla relazione ritrovata nel British Museum si racconta come i frati fin dall'inizio agirono senza prudenza e soprattutto senza alcun ritegno di rispetto nel comportamento con le persone coinvolte: si erano travestiti per entrare nel territorio mussulmano; avevano forzato la porta della moschea; avevano pubblicamente chiamato Maometo “schiavo del diavolo”; al tentativo di corruzione da parte dell'emiro gli gridarono. “Vattene al diavolo con i tuoi soldi”; cercarono il martirio che il francescano Gwenolé Jeusset lo definisce “un suicidio per Dio”.
A Roma apprende anche che Jacques de Vitry, il vescovo che lo aveva difeso presso il cardinale Pelagio in Egitto, aveva reso nota la missione dei francescani presso il sultano al-Malik. Il cardinale Ugolino, saputo che Francesco era a Roma, lo fa chiamare e lo rassicura che, come tutore dell'Ordine secondo la Bolla papale del 17 agosto 1218, era autorizzato a intestarsi tutte le case che avrebbero ospitato i frati; pertanto nulla era in possesso dei francescani e quindi coloro che si sarebbero fermati presso queste casa sarebbero stati considerati ospiti. Francesco capisce che questa soluzione era un surrogato, e promise al cardinale che avrebbe rivisto la regola. Francesco, con la tristezza nel cuore e la convinzione che il segno migliore da dare alla sua comunità era l'amore per Cristo e per i piccoli fratelli, non disdegna di fermarsi per qualche tempo presso la nobildonna Jacopa de' Settesoli a Trastevere. La nobildonna aveva sentire predicare Francesco e affascinata si era adoperata per aiutarlo. In seguito si adopererà ad aiutare l'Ordine di stabilirsi a Roma. Francesco si lasciò curare gli occhi che oramai cominciavano a dolergli molto e la vista se ne andava molto rapidamente.
Francesco si incamminò verso la Porziuncola per presiedere il Capitolo. Il 22 settembre 1220 Onorio III, emanò la bolla Cum secondum consilium in cui si imponeva  che chi volesse entrare nell'Ordine doveva fare un anno di prova, di noviziato, e in quel periodo non poteva vestire la tonaca di frate.  Francesco capì definitivamente che la sua esperienza di vivere secondo la povertà evangelica stava cambiando: prima le case, poi il noviziato, studiare teologJacopa de' Settesoli, nobile romana, discepola, protettrice e benefattrice di San Francescoia passava prima di predicare il Vangelo. Il 29 settembre 1220 i prati attorno alla Porziucola erano gremiti di frati, tutti in rigoroso silenzio mentre Francesco passava tra di loro; cosa avrebbe detto il padre? Avrebbe raccontato della sua esperienza in Egitto? Cosa avrebbe detto di coloro che volevano cambiare la regola? Francesco in piedi silenzioso, guardò tutta quella folla di suoi figli, anche se la vista non gli permettevano di vedere bene, poi cercando di alzare la voce il più possibile disse molto semplicemente che aveva  nominato suo vicario il caro frate Pietro Cattani e che lui avrebbe seguito i bisogni dell'Ordine. Ernesto Balducci, sacerdote e scrittore, nel suo Francesco d'Assisi, mette in bocca del santo di Assisi, dopo l'annuncio delle sue dimissioni, questa frase conclusiva: “Da questo momento sono morto per voi.” Frate Pietro, amico e tra i primissimi compagni di Francesco, cercò di riportare l'Ordine verso la povertà primitiva e mentre preparava il IX Capitolo generale dell'Ordine, che passerà alla storia come il “Capitolo delle stuoie” il 10 marzo 1221 moriva. Il 30 maggio, festa della Pentecoste, del 1221 all'apertura del Capitolo, su consiglio del cardinale Ugolino, viene eletto vicario frate Elia. In questo capitolo è presente “ un Francesco esplosivo, anche senza volerlo!” dice Gwenolé Jeusset. Presenta la nuova regola e, senza nominarla, espone il risultato della sua esperienza in Egitto. E' presente quel giorno un altro giovane frate portoghese che voleva morire tra i mussulmani in Marocco: si era convertito vedendo l'arrivo delle salme dei cinque martiri francescani; si era fatto frate ed era partito per raggiungere la terra magrebina, ma una tempesta lo aveva sbattuto in Sicilia; qui aveva saputo del capitolo; ora era li ad ascoltare il padre Francesco. Era Antonio da Lisbona che verrà ricordato come Antonio da Padova.

Così Francesco sottopone il nuovo modIl 29 settembre 1220 attorno alla Porziucola erano confluiti migliaia di frati per il Capitolo Generaleo di affrontare le missioni in terra di infedeli:  “Dice il Signore: «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe».
Perciò qualsiasi frate che vorrà andare tra i Saraceni e altri infedeli, vada con il permesso del suo ministro e servo. Il ministro poi dia loro il permesso e non li ostacoli se vedrà che sono idonei ad essere mandati; infatti dovrà rendere ragione al Signore, se in queste come in altre cose avrà proceduto senza discrezione. I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi.  Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio  a e confessino di essere cristiani.
L'altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non sarà rinato per acqua e Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio. Queste ed altre cose che piaceranno al Signore, possono dire ad essi e ad altri; poiché dice il Signore nel Vangelo: «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli»; e: «Chiunque si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando tornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli» . E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo. E per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore: «Colui che perderà l'anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna».
«Beati quelli che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli ». «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi». E: «Se poi vi perseguitano in una città fuggite in un'altra».  «Beati sarete, quando gli uomini vi odieranno e vi malediranno e vi perseguiteranno e vi bandiranno e vi insulteranno e il vostro nome sarà proscritto come infame e falsamente diranno di voi ogni male per causa mia»; «rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».  E io dico a voi, miei amici: non lasciatevi spaventare da loro  e «non temete coloro che uccidono il corpo e dopo di ciò non possono far niente di più». «Guardatevi di non turbarvi». «Con la vostra pazienza infatti salverete le vostre anime». « E chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo».” 23 Il desiderio di martirio viene notevolmente ridimensionato. L'evangelizzazione parte prima con l'esempio che ogni frate deve irradiare dal suo operato: “non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio  e confessino di essere cristiani.” Essere discepoli di Cristo è per la prima cosa dimostrare di vivere pacifici e disponibili all'amore verso il prossimo. Non bisogna considerare in modo assoluto che Francesco volesse abolire il Onorio III celebra lo sposalizio di Federico II e Jolanda di Brienne, figlia di J. de Brienne re di Gerusalemme - Biblioteca Vaticanadesiderio del martirio e a proclamare la pace e convivenza pacifica come oggi noi la intendiamo. Egli è comunque uomo del suo tempo: è vero che non aveva mai parlato di crociata, ma era anche vero che in quel tempo la crociata non serviva per imporre la fede con le armi, quindi lo spirito missionario di Francesco diviene complementare alla crociata stessa. 24 Certamente Francesco aveva considerato che l'esperienza egiziana era differente da quella dei cinque frati martirizzati. Per questo “impose” di essere attenti ai segni, alle evidenze che indicano “che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi  credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani.”  
Il 22 novembre 1220, a Roma,  Federico II fu incoronato imperatore in San Pietro da papa Onorio III. Nell'occasione rinnovò l'impegno di promuovere una  crociata davanti al papa stesso. Dato il fallimento della quinta crociata, avvenuto nel 1221 sotto le mura di Damietta, il papa sollecitò l'imperatore a intraprendere la spedizione in Terra Santa. Federico nel 1225, con grande sfarzo, nel castello di Oria a Brindisi, sposò la tredicenne figlia Jean de Brienne, Jolanda Isabella, erede del regno di Gerusalemme, come per dare un segno della sua volontà alla missione di riconquistare la città santa..

 

21 Giuseppe F. Merenda Francino: l'altra stoia di Francesco d'Assisi, cap. XXXII

22 Gwenolé Jeusset Francesco e il Sultano, cap. 10

23 Regola non bollata, cap. XVI

24 Franco Cardini Le Crociate, cap. III

 

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