testa pagine

 

S. Francesco incontra il  Sultano - Opera di Arnaldo Zocchi, CairoSono trascorsi più di novecento anni, dal 1095, da quando fu lanciato l'appello a tutto il popolo cristiano di prendere le armi in un' impresa contro l'islam, denominata “crociata”. Eppure ancora oggi, nella lettura dei grandi cambiamenti sociali, dell'immane diaspora di interi popoli, del travolgente e ambiguo disordine economico mondiale, i grandi del mondo  si esprimono come se il conflitto storico tra cristiani e mussulmani non sia cambiato da quello dell' VIII – IX secolo. Fanatismo, intolleranza, incomprensione sembrano non solo insormontabili, ma collegati a tutta una intera religione, a un intero popolo, a un'intera razza. Eppure  l'incomprensione tra l'occidente cristiano e l'oriente mussulmano era molto più accentuato quando Francesco d'Assisi decise di incontrare il Sultano d'Egitto.
Francesco era partito con l'intenzione di convertire colui che era ritenuto il male, anzi il rappresentante del demonio stesso in quanto Muhammad, Maometto, si riteneva in occidente erroneamente morto nel 666, numero della bestia nell'Apocalisse.

Francesco, che era andato incontro al lupo e lo aveva ammansito, era convinto che era più onorevole il martirio piuttosto che non mettere in atto l'estremo tentativo per amore di Cristo. Molte sono le fonti storiche a dimostrare l'avvenuto incontro tra il povero frate di Assisi e colui che era ritenuto dai suoi il “sovrano perfetto”, al-Malik al-Kamil, sultano d'Egitto e di Siria. Non sappiamo ciò che i due si dissero, ma tenteremo di interpretarlo dai relativi comportamenti dei due personaggi. Cosa produsse in Francesco questo incontro è visibile nelle sue successive decisioni, anche se c'è un silenzio assoluto nelle fonti francescane. Sono invece scarse o quasi nulle le testimonianze sui viaggi che Francesco avrebbe intrapreso per parlare col papa e con  l'imperatore e che cosa avesse loro riferito e consigliato.

L'8 gennaio del 1198, usando per la prima volta le schede elettorali,  venne eletto papa il trentottenne cardinale Lotario dei Conti di Segni che assunse il nome di Innocenzo III. Il giovane papa aveva studiato teologia a Parigi e diritto a Bologna; era stato scelto dal collegio cardinalizio per la sua energia, determinazione e, soprattutto, per la sua convinzione che il papa, in quanto vicario di Cristo, avesse un potere che nessun altro uomo sulla terra, re o imperatore, potesse avere. Il giorno della sua consacrazione, il 22 febbraio, volle sottolineare, perché a tutti fosse chiaro, quale potere avesse la dignità papale e da chi derivasse tale autorità,  scelse come prima lettura della solenne messa di insediamento il I capitolo del libro di Geremia: “Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare.

Costanza d'Altavilla partorisce in piazza della città - codice Biblioteca VaticanaQuattro anni prima, il 26 dicembre del 1194, Costanza d'Altavilla, moglie dell'imperatore Enrico VI, a sua volta figlio di Federico Barbarossa, partoriva il futuro imperatore Federico II di Svevia, “coram populo”, difronte a tutti i cittadini, sotto una tenda nella piazza della città di Jesi, per dimostrare che, nonostante i suoi quaranta anni di età, era lei veramente a partorire e non, come suggerivano le dicerie, una qualsiasi servetta di corte. Enrico VI vide il figlio per l'ultima volta il giorno del battesimo poi corse in Sicilia per sedare, con metodi alquanto crudeli, presunte e vere congiure. Raggiunto dalla moglie Costanza, che aveva lasciato il piccolo Federico a balia dalla moglie del duca di Spoleto Corrado, di origine tedesca , Enrico morì e Costanza si affrettò a far nominare Federico re di Sicilia. Appena un anno dopo nel 1198, all'età di 44 anni, moriva anche l'imperatrice e nominava papa Innocenzo III, appena eletto, come tutore del piccolo Federico.

Nella cattedrale di San Ruffino, ad Assisi nella stessa fonte battesimale dove Federico II era stato battezzato, era già stata versata l'acqua battesimale sul capo del figlio del mercante assisiano Bernardone  nel 1181; la madre, donna Pica, di origine provenzale, al sud della Francia, lo aveva partorito nella stalla, sotto casa, e volle chiamarlo Giovanni , ma appena il marito fu di ritorno dai suoi commerci in Francia, pretese di cambiare il nome del figlio in Francesco. Ma il nome di Giovanni resterà per sempre nell'animo di Francesco, come un presagio, come un segno divino: “perciò egli riteneva più solenne di ogni altra festa di santo quella di Giovanni Battista, la dignità del cui nome gli aveva impresso un segno di mistica virtù.1 Nessuno immaginava che quel bambino sarebbe stato la scintilla di un movimento religioso mai visto nella storia del cristianesimo. Francesco d'Assisi e i suoi poveri fraticelli girarono tutta l'Europa predicando pace, amore e fratellanza, vivendo poveri tra i poveri nella vera imitazione di Cristo.

Un anno prima della nascita e del battesimo di Francesco d'Assisi, nasceva il nipote del famoso Saladino che aveva tolto il regno di Gerusalemme al re lebbroso Baldovino IV e che contrastò Riccardo I re d'Inghilterra, noto come Riccardo cuor di leone, nella riconquista della città santa  nella terza crociata. Il bimbo fu chiamato Muhammad, ma fu denominato al-Malik al-Kamil, che significa “il sovrano perfetto”. Suo padre al- Adil, conosciuto dai crociati come Safedino, lo insediò a 30 anni al Cairo come viceré di Egitto.
Al-Malik era il prosecutore della dinasta degli Ayyubidi che assicurarono all'islam di stabilirsi definitivamente in Siria, Palestina ed Egitto, di fede sunnita, ma che accanto alle scuole ortodosse, appoggiarono la diffusione di confraternite di iniziati: i sufi, mistici musulmani, che praticavano la povertà, la meditazione, l'amore mistico e la poesia spirituale. Al-Malik si incontrò sia con Francesco che con Federico.

Il collegio dei cardinali nel 1198 aveva posto il trentottenne  Lotario dei Conti di Segni sul soglio di Pietro con la certezza che sarebbe stato capace di ridare al papato il primato che gli spettava sul mondo politico. In teoria era facile asserire che come lo spirito è superiore al corpo materiale, così pure il il papato doveva essere superiore all'impero; come le cose spirituali sono al disopra delle cose terrene, così pure è il papa che da autorità all'imperatore. Nella pratica InnocenzoInnocenzo III in un affresco nel Sacro Speco di Subiaco III dovette fare i conti con la realtà che non tutta era in armonia con le sue visioni di equilibrio mondiale. Per quanto riguarda l'organizzazione del potere civile a Roma, Innocenzo in poche settimane riuscì  a sottomettere tutti gli organismi politici e amministrativi della città, sostituendo tutti i funzionari con uomini di sua fiducia. La manovra effettuata a Roma fu un vero colpo di stato che col tempo creò qualche problema tra le famiglie nobiliari romane, ma fu risolto con qualche compromesso e un bel po' di denaro. Il nuovo papa riuscì a recuperare quasi tutte le terre perse precedentemente e a riportare sotto il dominio papale la Marca Anconetana e il Ducato Spoletino.
Alla morte dell'imperatore  Enrico VI e della moglie Costanza, Innocenzo III doveva risolvere due problemi: l'educazione del bambino Federico II e la successione alla corona imperiale. Mentre provvedeva a far educare il figlio di Costanza d'Altavilla, che risiedeva nel Palazzo dei Normanni e nel Castello di Maredolce, il Palazzo della Favara,,  con i migliori maestri dell'epoca , tra i principi germanici scoppiava una vera e propria guerra civile che poneva il papa a scegliere uno dei due contendenti alla corona imperiale. La fortuna però arrise ad Innocenzo: infatti il fratello di Enrico VI, Filippo di Svevia, proposto dalla maggioranza dei principi tedeschi, moriva. Innocenzo fu così facilitato a imporre il sedicenne Federico sull'altro contendente, il duca Ottone di Brunswick, oramai appoggiato da una esigue minoranza. Fu così che Federico II  fu incoronato re dai principi germanici a Magonza il 9 dicembre 1212 con il titolo formale di “Re dei Romani”.

Nell'estate dell'anno prima, 1211, Francesco d'Assisi era al porto di Ancona “acceso da desiderio del sacro martirio”; voleva passare in Siria per “predicare la fede di Cristo e la penitenza ai Saraceni e agli altri infedeli2 Francesco aveva tentato nel 1205 di prendere le armi sotto la bandiera  Gautier conte di Brienne. Gautier aveva sposato la figlia di Tancredi di Sicilia, ma prima gli Altavilla, poi Enrico VI e ora il giovanissimo figlio Federico, avevano usurpato il regno di Sicilia. Il defunto imperatore Enrico VI però gli aveva promesso i feudi di Taranto e Lecce. Innocenzo III benedisse questo accordo e lo nominò Principe di Taranto, conte di Lecce e re titolare di Gerusalemme. Nella marcia verso la Puglia per prender possesso delle sue terre, si accampò presso Spoleto. Francesco, che si era arruolato, durante il riposo notturno, ebbe una visione che gli chiese dove volesse andare; alla risposta di Francesco che voleva andare a combattere in Puglia, la voce gli chiese se era meglio seguire il padrone o il servo, “dice Francesco: «Il Padrone!» E l'altro: «perché  dunque cerchi il servo invece del padrone?» E Francesco: «Che vuoi che io faccia, Signore?» e il Signore a lui: «Torna alla tua terra nativa»”. 3 Francesco tornò ad Assisi dove iniziò la sua straordinaria opera spirituale. Era andato nel  1209 insieme ai suoi primi undici compagni, a Roma e aveva consegnato una breve regola a papa Innocenzo III, il quale aveva gradito il gesto che rendeva il gruppo di Francesco diverso dagli altri gruppi di vocazione pauperistica, come i catari e i valdesi, pertanto aveva approvato la regola “vivae vocis oraculo et sine bolla”. Francesco aveva preso la vecchiaSan Francesco si imbarca da Ancona - Dipinto di G. Bocchetti via romana Flaminia e passato Gualdo Tadino , a Fossato si era addentrato nella vallesina e si era fermato sicuramente a pregare nella chiesa in qualcuno dei tanti monasteri che sorgono in quei luoghi e riposare sul sagrato delle chiese stesse; si era con certezza fermato, a curare malati e a confortare i sofferenti, nei tanti ospedali presenti su quella strada frequentata dai pellegrini, che dalle coste dell'Adriatico si addentravano verso l'Umbria per prendere la via Flaminia per arrivare a Roma. Passato per Jesi, città natale dell'imperatore Federico, arrivò al porto di Ancona. Non sappiamo chi pagasse il passaggio e il vitto per l'imbarco, ma è certo che “salì su una nave diretta in Siria, ma spirando venti contrari si ritrovò con gli altri naviganti nella Schiavonia ( l'odierna Dalmazia).4 Fu tanta la delusione di Francesco e del suo compagno che, ritornato in Italia, dopo esser saliti su una nave di nascosto, perché non aveva soldi per il passaggio, “prese a percorrere la terra5 ma con l'intenzione di ritornare sulla missione tra gli islamici.
Ritornando alla sua Porziuncola di Assisi, Francesco ricevette una grande consolazione che lo rianimò e lo spinse nella sua missione. Nella notte della domenica delle Palme, 18 marzo del 1212, si presentò ai fraticelli riuniti in preghiera attorno a Francesco, Chiara, la figlia del conte Favarone di Offreduccio. La ragazza aveva diciotto anni ed era scappata dal palazzo paterno, che si trovava vicino alla basilica di San Rufino, dove anche lei era stata battezzata, e desiderava unirsi alla schiera di Francesco. La commozione tra i frati fu grande, e Francesco tagliò i capelli a Chiara e le fece indossare il saio; quindi partirono quasi in processione, per dare un ricovero sicuro alla giovane, verso il monastero benedettino di san Paolo a Bastia Umbra. Ben presto Chiara ebbe la gioia di essere raggiunta dalla sorella Agnese e più tardi dalla stessa mamma.
Monumento a San Francesco in ricordo del suo pellegrinaggio a Santiago De CompostelaFrancesco, rincuorato, ripartì per la predicazione del Vangelo nei borghi italiani, e durante il viaggio nel Montefeltro, arrivò presso la rocca di San Leo dove incontrò il conte Orlando di Chiusi, il quale, sensibilizzato dalle parole e dalle opere di Francesco, offrì al povero fraticello il monte della Verna. In questa occasione ebbe la notizia che il califfo di Spagna, conosciuto come Miramolino, era stato ricacciato dall'Andalusia, verso un piccolo lembo al sud della penisola iberica, dagli eserciti riuniti di Castiglia, Portogallo e Aragona. Francesco, spinto dall'entusiasmo, decise di andare in “Marocco per predicare al Miramolino a ai suoi correligionari il Vangelo di Cristo. Ed era tale la forza del desiderio, che egli lasciava ogni tanto indietro il compagno di viaggio, affrettandosi in ebrezza di spirito a compiere il suo proposito6  Ma già Francesco cominciava ad accusare i sintomi della malattia che lo corrodeva lentamente, ma continuava il suo viaggio, seguendo, come tutti i pellegrini, il “cammino” di Santiago. Nel capitolo IV dei “Fioretti” si racconta che “Francesco per sua devozione andò a santo Jacopo di Galizia e menò seco alquanti frati … Essendo giunto là e stando nella notte in orazione nella chiesa di santo Jacopo, fu da Dio rivelato a santo Francesco che egli doveva prendere molti luoghi per lo mondo; però che l'Ordine suo si doveva dilatare e crescere in grande moltitudine di frati. E per questa rivelazione cominciò santo Francesco a prendere luoghi in quelle contrade. … E così santo Francesco si ritornò nella valle di Spoleto7  Nella visione si parla di prendere molti luoghi nel significato che si sarebbero insediati molte comunità di frati. In effetti ancora oggi ci sono testimonianze, tradizioni orali e scritte (pur se incerte storicamente), che parlano del passaggio di San Francesco e dei suoi primi frati in diversi paesi e città della Spagna, come Sanguesa, Cañas, Burgos, Ciudad Rodrigo ed altre località. Mentre i “Fioretti” parlano della visione dopo la quale ritorna in Italia, nelle vite scritte da Tommaso e da Bonaventura si parla esplicitamente di una grave malattia che impedì a Francesco di attraversare la Spagna per poi andare in Marocco; e dopo una lunga convalescenza il frate di Assisi ritornò in Italia. Secondo il teologo e storico francescano fra Valentín Redondo, Francesco non aveva nessuna intenzione di pellegrinaggio, ma la sua idea era di andare dal califfo Emir-el-Mumenin, detto Miramolino.  Ma aveva saputo pure che era stato sconfitto in Andalusia, nella battaglia a Navas de Tolosa . Quindi  l'intendo di Francesco assume l'aspetto di una missione religiosa, del tutto pacifica, che non confida nella forza delle armi ma nella grandezza dell'amore di Dio che preme per essere annunciato. La malattia che fermò Francesco, forse, secondo frate Redondo, è una infermità di stomaco (ulcera gastrica) alla quale si sarebbe aggiunta la febbre quartana, che procurava periodici e invalidanti eccessi febbrili.
Ritornato alla Porziuncola, Francesco ebbe una gradita sorpresa: lo attendevano parecchi nobili e letterati, tra i quali Tommaso da Celano che sarà il suo primo biografo, che volevano  entrare a far parte dell'ordine. Francesco li accolse con piacere e umiltà pensando che le parole della visione avuta a Santiago si stesse realizzando.

 

1: Tommaso da Celano Vita seconda, cap. I

2: Tommaso da Celano Vita prima, cap. XX

3: Tommaso da Celano Vita seconda, cap. II

4: Tommaso da Celano Vita prima, cap. XX

5: Ibidem

6: Ibidem; simile in Bonaventura da Bagnoregio Vita si san Francesco (Legenda maior), cap. IX

7: Fioretti di san Francesco, cap. IV

 

Vai alla Seconda parte