Dialogo su "La Giustizia"
Dialogo su "La Giustizia"
Intervento conclusivo all'incontro, con l’arca di Varese, avvenuto il 15 novembre 2021
È stato una bella discussione nella quale avete espresso delle belle idee. Adesso per me è difficile mettere insieme tutto ciò che avete detto.
Vorrei partire dagli ultimi che hanno parlato perché penso che sia un modo più facile per partire.
Partiamo dal concetto della conoscenza e della consapevolezza.
Attraverso la conoscenza e la consapevolezza di chi siamo possiamo risolvere questo dilemma della giustizia.
La mistica presenza della grande madre dal velo di Maya al manto di Maria
L’uomo ha sempre espresso la sua religiosità in qualsiasi tempo e in qualsiasi spazio dove ha trascorso il suo esistere. La religiosità non è la religione, sono esperienze individuali che parlano ai contemporanei, sono pratiche in cui si manifesta il sentire religioso, sono pratiche liturgiche o extra-liturgiche, preghiere, fustigazioni, digiuni, letture devozionali, testi che indicano i metodi di indirizzo, ma che non sono prescrizioni. Il “prescritto” è quello che la gerarchia ecclesiastica predica e inculca attraverso tutti i canali di comunicazione; il “vissuto” è ciò che viene interiorizzato da coloro ai quali quelle prescrizioni sono rivolte.
Ci sono dei momenti in cui la religiosità umana sembra trovare una espressione mistica quando l’azione religiosa sembra travolgere i concetti limitati del pensiero umano e travalica ogni sentire per immergersi nella perfezione cosmica, nell’anima stessa della creazione. Sono quadri storici del sentire religioso che segnano quanto sia vicino l’infinito alla limitatezza umana, il maestoso all’umiltà del sentimento, il cosmo all’imperfezione, il creato alla creatura.
Il Precursore e i Testimoni del Ritorno
«Con la seconda sua venuta il Cristo conferma la vera natura divina di suo Padre Dio, il Creatore, che non è solo Amore, ma anche e soprattutto la Giustizia, vale a dire la manifestazione dell’ordine e dell’armonia dell’intero edificio cosmico. … “Cercate prima il Regno di Dio e la sua Giustizia” (Mt 6, 34). Questa frase avalla quanto noi abbiamo espresso precedentemente. Solo nel tempo dei Vangeli, per la stessa volontà del Padre, è stato permesso a Cristo di anteporre l’Amore alla Giustizia per aiutare gli uomini». È uno dei messaggi celesti comunicato allo stimmatizzato Giorgio Bongiovanni (“Il Ritorno”, pag. 37)
Nella logica creatrice, il Cosmo (in greco vale come “ordine”) posa sui due pilastri dell’ordine materiale e spirituale dell’Amore e della Giustizia. Questi due elementi sono incarnati nello stesso Verbo presente e attivo nella “Creazione” stessa: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.» (Gv 1, 1-3) Il Cristo e il Cosmo sono interconnessi, perché Egli lo crea, Egli l’organizza, Egli ne è l’anima che lo rende vivo. Ci sono nell’evoluzione sensibile due momenti: l’era dell’Amore e l’era della Giustizia. Nell’ultima evoluzione umana, prima che si crei il Regno, si sono i due tempi cosmici e cioè il periodo dell’Evangelo (era dell’Amore) e il periodo della Rivelazione, in greco Apocalisse, (era della Giustizia).
Giovanni Battista secondo Matteo
Ho sempre pensato che l'evangelista Matteo non fosse quel Levi, esattore di tasse, che Gesù ha chiamato a seguirlo. Sono consapevole che è solo una mia supposizione e che mai ho approfondito.
Questa idea però mi è ritornata in mente, rileggendo il Vangelo di Matteo nell'episodio in cui parla di Giovanni Battista. Ho avuto la sensazione di leggere un testo di una persona istruita e non di un semplice contabile arricchito, ma di uno che conosce la scrittura, conosce i metodi del racconto tipico ebraico della Torah e biblico in genere e che è ferrato nelle problematiche teologiche: insomma se non è un rabbi, è molto probabilmente uno scriba. Egli presenta un personaggio diverso dagli stessi altri due sinottici: il Giovanni descritto sembra conoscere chi è Gesù e quale sia la sua missione. Matteo per la sua composizione usa il Vangelo di Marco, ma lo mette in ordine e soprattutto lo fa con una visione teologicamente competente.
Francesco: la Chiesa evangelica Giovannea dentro la Chiesa di Pietro.
Francesco lasciò l'Egitto dove aveva visto gli orrori della guerra dei crociati. Aveva parlato con sultano al-Malik. Aveva approfittato per visitare la Palestina e i luoghi santi. Nella primavera del 1219 Francesco, prima di imbarcarsi per l’Italia, incontrò un certo frate Stefano che gli raccontò della divisione tra i frati, avvenuta durante la sua assenza, a causa della regola; si parlava di tradimenti e che qualcuno stava rivedendo, in maniera meno rigida, la regola. Francesco, raccolti vicino a sé Pietro Cattani, Elia, Cesario da Spira e Stefano, lasciò la Terra santa e si imbarcò da San Giovanni d'Acri per far vela verso Venezia. Durante la traversata Francesco in silenzio meditava se avesse fatto bene a lasciare i suoi frati per andare in una missione troppo grande per lui, cioè di convertire il sultano. Forse si chiedeva perché la sua regola era ritenuta troppo rigida se era stata data agli Apostoli da Gesù stesso, e perché volevano seguire il suo esempio se non erano d’accordo.
Perché Cristo deve ritornare
Ci troviamo a vivere in una situazione di tale sconforto generale che ci tocca ammettere che, con le nostre capacità fisiche, culturali e le risorse in genere, non siamo in grado di risolvere i problemi sociali, economici, ambientali e politici. Eppure è palpabile un gran desiderio di cambiamento: lo esige la gente, lo esige la natura, lo esige la concezione del sistema spirituale legato all’evoluzione cosmica del creato. Anche lo stesso rivolgerci al “Cielo”, per un suo intervento diretto, fa parte dello stesso sistema spirituale in cui la stessa anima umana è un mezzo di intermediazione tra l’umano e il divino. Molti uomini, scavalcando religioni e ideologie, invocano il cambiamento e si adoperano e si sacrificano per ottenerlo; le loro intenzioni, le loro grida e soprattutto le loro azioni, si uniscono in un unico fiume di energia della manifestazione umana che si trasmette alla manifestazione soprannaturale e da questa ricade forza divina fino al più misero degli uomini. “Nell'angoscia ho invocato il Signore, ho gridato al mio Dio, Egli ha ascoltato dal suo tempio la mia voce; il mio grido è giunto ai suoi orecchi.” (2Sam 22,7)
Le nozze di Cana: la madre e lo sposo
Giovanni è l’unico tra gli evangelisti che racconta l'episodio delle nozze di Cana (Gv 2, 1–11). Qual è il vero significato di questo che Giovanni chiama «segno (σημεῖον)»? Mi piace ricordare un evento nel momento in cui sono impegnato nella lettura del Vangelo di Giovanni.
Dopo una conferenza con Giorgio Bongiovanni in Lombardia, durante la cena, uno dei commensali chiese «Chi è lo sposo delle nozze?». Si fece silenzio attorno a lui, che, improvvisamente propose un quesito che lasciava aperta ogni ipotesi e ogni curiosità spirituale. Certamente l’interlocutore intendeva capire il rapporto parentale tra Maria, invitata alle nozze e gli sposi.