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Il 2 giugno del 1946 mio padre era tra i 24.947.187 cittadini italiani, uomini e donne, che entrarono nella cabina elettorale con due schede: una per scegliere se l'Italia doveva essere una Monarchia oppure una Repubblica, l'altra per eleggere i deputati all'Assemblea Costituente per redigere una nuova Costituzione Italiana. Gli italiani scelsero di vivere in una Repubblica. Nel contempo furono eletti 573 deputati, di cui ben 426 erano della Democrazie Cristiana e Partito Socialista e Partito Comunista, cioè il 74% del totale. Mio Padre votò per il Partito Repubblicano che ottenne il 4,36% dei voti. E' un vizio di famiglia stare con i più piccoli!

Diede la sua preferenza ad un avvocato di un paese vicino alla sua Fermo, città di nascita. Contrassegnò la fiducia all'avvocato Giovanni Conti, figlio di un calzolaio di Montegranaro. Nell'Assemblea costituente diventò noto per aver praticamente scritto la bozza base dell'articolo 104 che sancisce l'autonomia della Magistratura. Uscì dal partito e dalla politica quando il Partito repubblicano approvò le decisioni del Governo italiano di usufruire del piano Marshall ed entrare nella Nato. Quindi l'Assemblea costituente era, per la stragrande maggioranza, formata da partiti legati al popolo italiano; i partiti palesemente liberali furono puniti perché troppo legati storicamente al prefascismo e al fascismo stesso. I costituenti partirono dal fatto che l'Italia, distrutta e dissanguata dalla guerra, aveva bisogno di una Costituzione che rispondesse alle esigenze sociali necessarie non solo alla ricostruzione, ma anche ad una essenziale tranquillità per il futuro. Furono così poste le basi a una Costituzione costituite non solo dai valori universali, come la libertà e l'uguaglianza, ma valori che stimolassero un futuro attivo, produttivo e socialmente avanzato: infatti fu dato un peso importante al lavoro come dovere privato e pubblico. Fu chiaro a tutti, anche ai deputati di sinistra, che uno Stato, che si fosse posto accanto alle democrazie occidentali, doveva essere liberale, ma con uno stato sociale forte: sanità, lavoro, pensioni, scuola, solidarietà dovevano essere disponibili a tutti. Si optò inoltre a una ampia partecipazione popolare alla “cosa pubblica”; fu data la possibilità a ogni cittadino votante di scegliere il proprio rappresentante. Il voto di rappresentanza significava la fiducia in un uomo retto, dai valori condivisi e vicino al territorio. L'Assemblea costituente lavorò costantemente per un anno e mezzo, e approvò la Costituzione il 22 dicembre del 1947, ed entrò in vigore il primo gennaio del 1948. Questa è la Costituzione Italiana per la quale mio padre scelse i suoi rappresentanti, i quali lavorarono all'unisono, ponendo sul tavolo della discussione ognuno la propria esperienza, la cultura e la competenza, nel rispetto di tutte le opinioni. Attualmente mi si sta proponendo una nuova Costituzione, che dovrei lasciare ai miei figli, scritta da una parte dei deputati, molti dei quali di dubbia rettitudine, pasticciata, poco comprensibile, in cui non esiste più la rappresentanza popolare, che non risolve i problemi del paese, approvata per di più da un parlamento illegale per delibera della suprema Corte. Non capisco perché dovrei accettarla e non lo capirò mai.