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Le nozze di Cana. Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova
Giovanni è l’unico tra gli evangelisti che racconta l'episodio delle nozze di Cana (Gv 2, 1–11). Qual è il vero significato di questo che Giovanni chiama «segno (σημεῖον)»? Mi piace ricordare un evento nel momento in cui sono impegnato nella lettura del Vangelo di Giovanni.
Dopo una conferenza con Giorgio Bongiovanni in Lombardia, durante la cena, uno dei commensali chiese «Chi è lo sposo delle nozze?». Si fece silenzio attorno a lui, che, improvvisamente propose un quesito che lasciava aperta ogni ipotesi e ogni curiosità spirituale. Certamente l’interlocutore intendeva capire il rapporto parentale tra Maria, invitata alle nozze e gli sposi.


Più tardi mi sono ricordato di alcune letture che avevo fatto sul pensiero e la vita dei primi cristiani e le opere e il pensiero dei cosiddetti “padri della Chiesa”, per una lezione da tenere ad amici e fratelli.
Prima ho riletto attentamente il passo di Giovanni. Il primo capitolo del Vangelo giovanneo termina con la scelta degli apostoli e l'incontro sotto il fico con Natanaèle (secondo la tradizione l'apostolo Bartolomeo), caso vuole originario di Cana.
«Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». Così Gesù diede inizio ai suoi segni in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui». (Gv 2, 1-11)
Seguendo questo testo (traduzione a cura della Conferenza Episcopale Italiana) si ha l'impressione che Gesù rimproveri sua Madre come se gli avesse chiesto qualcosa. Intanto c'è da considerare che l'invitata è la “madre”: «Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.» Quindi Gesù è invitato di conseguenza perché figlio della “madre”: «Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli». Questo ci fa capire che tra Maria e gli sposi c'era una qualche affinità parentale. Ad un certo punto viene a mancare il vino e Maria dice a Gesù: «Non hanno più vino.» Sinceramente ad una lettura letterale non sembra una richiesta, ma render noto a Gesù un dato di fatto, una realtà spiacevole sia per gli sposi che per gli invitati. Perché allora Gesù risponderebbe: «Che ho da fare con te, o donna?» Perché evidentemente non è la versione giusta! Il testo latino dice: «Quid mihi e tibi?», che tradotto letteralmente significa: «Che cosa a me e a te?» Più che un rimprovero sembrerebbe significare: «Questa contingenza che significa per la nostra missione, la tua e la mia?», o qualcosa del genere; è come se l'osservazione di Maria facesse scattare in Gesù due sostanziali evidenze. Che forse non era il momento di “fare” qualcosa, e che quella della madre non fosse un semplice mettere a conoscenza del fatto, ma una specie di “rogatoria. Cosa significa in italiano la parola “rogatoria”? Richiesta da parte un ente ad un altro ente di compiere degli atti per i quali il primo ente non è competente. In parole povere Maria dice a Gesù: «Mostra la tua potenza!» In effetti Gesù le risponde:«Non è ancora giunta la mia ora.» E anche lo stesso Giovanni conclude l'episodio: «Manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.»
Infatti il Padre della chiesa sant'Ambrogio mette a paragone questa risposta di Gesù con quella, che aveva dato alla stessa Maria, quando aveva 14 anni. In quell'occasione dopo che i genitori che lo avevano cercato per tutta la città, e che lo avevano trovato nella sinagoga ad insegnare ai sacerdoti, si sentì rimproverare dalla madre perché si fosse comportato così. Gesù, profondamente stupito, fece capire alla madre che, nonostante lei fosse cosciente per quale missione era venuto sulla terra, si stava comportando come una donna comune, in quanto Maria sapeva benissimo che lui doveva compiere le opere del Padre. Nelle nozze di Cana, dice Ambrogio, Maria si comporta come veramente progredita nella piena conoscenza della natura di suo figlio: «Fate quello che vi dirà!».
Anche sant'Ilario nega ogni opposizione tra Gesù e la Madre: «Lo sposo è triste, la famiglia viene turbata, il pranzo della solennità dello sposalizio è messo in pericolo. Gesù coinvolto - o richiesto - (Iesus rogatur), non si oppone, ma serenamente quella è la sua opera.» “Rogatur” non è un comando! È una dichiarazione della incapacità umana e riconoscimento della potenza divina!
Chiarito il rapporto tra Maria e Gesù, resta la domanda: “Chi è lo sposo?
Una cosa importante è chiarire la frase: «Così Gesù diede inizio ai suoi segni in Cana di Galilea.» Quello che il traduttore chiama “miracolo” nel testo latino invece viene definito “signum”:«Hoc fecit initium signorum Iesus in Cana Galilaeae.» Giovanni parla di segni, e per chi è abituato a studiare i segni questi non sono sempre miracoli, ma comunque messaggi del cielo, annunci divini. Quale annuncio viene dato?Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.

Un altro segno è rappresentato dalle giare riempite d'acqua cambiata in vino: «Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei.» Quindi Gesù usa acqua destinata al rito della purificazione. Il ligio ebreo era solito fare sette abluzioni al giorno: al mattino mani, viso e bocca; a pranzo mani, fino al gomito e i piedi fino al ginocchio; quindi dopo pranzo, prima delle tre preghiere giornaliere e infine alla sera prima di andare a letto. È chiaro quindi che in occasione di un banchetto gli organizzatori dovevano tenere degli otri per le abluzioni rituali. Gesù prepara un rito nuovo, dal vecchio mondo ne nasce uno nuovo. Il “maestro di tavola” loda la bontà del vino, ma, anche se non approva il metodo dei tempi di servizio, “non sapeva di dove venisse”. Ma qual è la sorgente di quel vino? Nel capitolo successivo, il terzo, del vangelo di Giovanni, il Battista, precursore del Salvatore afferma:
«Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire.» (Gv 3, 28–30)
Inoltre il salmo numero nove aveva già preannunziato la chiamata del Signore: «Venite, … bevete il vino che ho preparato!» Ecco allora scoperto l'arcano simbolico: Gesù, che era un invitato per motivo che “c'era la madre”, diventa invece il protagonista dell'evento. Egli è lo sposo! Un altro grande padre della chiesa Sant'Ireneo afferma, in molte occasioni, che le nozze di Cana è un simbolo eucaristico. Ecco allora spiegata l'affermazione di Gesù: «Non è ancora giunta la mia ora!» Anche in questo caso non appare nessun contrasto con Maria, ma semplicemente una constatazione di necessità temporale: gli apostoli erano stati appena scelti e non adeguatamente istruiti; anche quando Gesù li aveva istruiti nella verità, essi si erano dimostrati impreparati fino a quando non discese su di loro lo Spirito Santo. Quindi Gesù manifesta a sua madre il dubbio se avessero veramente capito il dono della sua carne e del suo sangue. Non era ancora il momento di dare il vero segno dell'amore: «Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.  Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.» (Gv 6, 53-56)
Con le nozze di Cana lo sposo manifesta la sua potenza e inizia la sua missione con un segno importante: egli inizia con la creazione di un vino che partendo dalla purificazione umana, dalla conversione, si cambia in salvezza; finirà la sua missione donando la salvezza stessa, il suo corpo e il suo sangue, perché il vero amore è dare la vita.


Sant'Elpidio a Mare, 8 marzo 2016