Che non sia un bel momento lo abbiamo capito tutti. La sofferenza e il dolore è tangibile, palpabile; anzi ognuno di noi cerca di scacciarle in tutte le maniere. La morte ha fatto sempre paura, ma la sofferenza non è da meno. Mi pongo però il problema, aldilà della comune paura, che cosa hanno pensato le persone? Forse a qualcuno è passata l’idea che non c’era più libertà, e che i provvedimenti presi contro l’epidemia fossero un primo passo per una specie di colpo di stato. Sui media si è letto anche questo.
La paura dei soldi in molti è stata immediata: non si può andare più in banca e ci bloccano i bancomat come in Grecia. Anche questo si è letto.
Se dobbiamo rimanere a casa come facciamo a procurarci il cibo? Nonostante le assicurazioni governative c’è stato anche l’assalto ai supermercati!
Senza poi considerare tutte le ipotesi che sono state fatte sui possibili autori della diffusione del virus: sono stati gli Americani per abbattere l’economia cinese; no, sono stati i Cinesi per conquistare i mercati americani; ma forse sono stati i Russi per rimandare una guerra annunciata, perché i missili americani li avevano circondati. Ma no, è stato un serpente infettato da un pipistrello e mangiato da un cinese.
Gli italiani, oltre ad essere tutti allenatori di calcio, si sono scoperti politologi internazionali, strateghi e detectives. Per non parlare dei politici: all’inizio in disputa tra loro su interventi duri o morbidi, poi tutti d’accordo su una linea di fermezza assoluta, ma non è mancata la voci di chi poneva l’eccezione che comunque bisognava tenere aperti fabbriche e uffici. Ora la voce è unanime: salviamo l’economia!
Ma finita questa pandemia dobbiamo ritornare alla società che c’era prima o dobbiamo fare qualche cambiamento?
Innanzi tutto vanno ricercati i punti della società che più hanno sofferto, sopportato e supportato questa tragedia collettiva. Una volta individuali i settori sofferenti, necessiterà creare le condizioni affinché non si verifichino le stesse afflizioni.
Credo che i settori maggiormente colpiti dal corona-virus siano essenzialmente tre: la sanità, la scuola e il lavoro.
I governi precedenti hanno fatto salti mortali per difendere un sistema monetario che privilegia le multinazionali e la grande industria, con un sistema bancario che strozza la piccola industria e gli artigiani, molti dei quali sostengono l’economia locale. In caso di necessità è importante tenere aperta e protetta una filiera locale, pronta a sopperire ai fabbisogni “a km 0”. Questo vale soprattutto per l’agricoltura, strozzata dalle regole europee della produzione e circolazione “paritaria” dei prodotti e materie prime della Comunità Europea. Ma lo stesso discorso deve essere fatto per gli altri settori in cui l’artigianato, che una volta aveva arricchito l’Italia, ora lo si fa morire; e una volta morto la grande industria non ha più concorrenza, ma, per avidità di guadagno, delocalizza in paesi dove la manodopera è più a basso costo. Lo Stato deve rivedere la sua politica nei confronti degli artigiani e dei piccoli agricoltori, anche aiutandoli a usufruire di nuove tecnologie in modo da essere sempre al passo con i tempi e migliorare il loro lavoro. Io continuo a pensare che “piccolo è bello” perché è più semplice, meno costoso e meno violento nei confronti dell’ambiente. Credo anche che bisogna tener presente che questa pandemia uccidendo uomini, ha difeso la natura, e quindi è da considerarsi una vera e propria guerra, in cui (è doloroso dirlo) l’invaso ha cacciato e colpito a morte l’invasore.
Ogni governo che si è succeduto si è riempito la bocca di voler far progredire la scuola in Italia. Tutti hanno miseramente dimostrato incompetenza e obbiettivi contrari alle aspettative. I giornalisti si sono inventati il male della “fuga dei cervelli”. Per chi ha un minimo di “memoria” sa che il sapere gira: fino al 1500 era l’Italia il centro culturale d’Europa. Nelle corti europee si parlava italiano; i nostri artisti erano contesi dai regnanti; i poeti della nostra penisola venivano imitati in tutte le scuole del continente. Poi la mano del sapere è passata all’Inghilterra e la Francia che sviluppano autonomamente il Rinascimento, che in Italia era in declino, con uno sciamare di studenti, scienziati e filosofi verso quei Paesi. Poi per un periodo si è parlato francese, non solo per le conquiste Napoleoniche, ma anche per l’irrefrenabile sete di libertà e di uguaglianza che proponeva l’illuminismo rivoluzionario. La nuova tecnologia tedesca è stata esportata ai primi dell’ottocento in tutta Europa: mentre poeti e scrittori russi, tedeschi e inglesi frequentavano i caffè e gli alberghi di Napoli e Capri, gli ingegneri germanici costruivano la prima ferrovia in Italia, Napoli-Portici.
Le idee camminano per il mondo con gli intellettuali e quando questi ritornano in Patria hanno una mentalità diversa, aperta non legata ai vincoli della consuetudine. Quindi se c’è qualche cervello che è in fuga questo è di qualche saccente giornalista. Il vero problema è creare una scuola di eccellenza e ben foraggiata e protetta dalla Stato: “maestri” di eccellenza servono a garantire il rinnovamento e la freschezza di uno Stato.
Sono stati fatti tagli importanti alla sanità pubblica affermando, per voce di qualche ministro, che non erano tagli, ma risparmi. Ora abbiamo centinaia di piccoli ospedali chiusi che non hanno continuità con il territorio per il quale etano stati creati, non sono stati ristrutturati e adeguati a nuove esigenze logistiche locali; si sono abolite strutture ospedaliere senza una idea di come riutilizzarle. Il personale sanitario è sempre carente, sempre a motivo di risparmiare, e per di più non si prediligono le competenze acquisite, creando concorsi per poche persone e qualche volta per “alcune”.
Il sistema sanitario italiano è il migliore del mondo. Tutti ce lo invidiano. Sembra però che qualcuno remi contro la sua efficienza per prediligere una sanità privata che, là dove è attuata, non è di minor costo e non è affatto allineata verso una giustizia sociale. La salute deve essere un diritto acquisito e stampato a fuoco su ogni costituzione.
“La Repubblica Italiana è fondata sul lavoro.” Lo ripetono in tanti. Volevano cambiarlo questo articolo. Anche chi era andato in Televisione a brandire la spada di difesa della nostra Costituzione, si era poi piegato alle “amicizie” politiche di chi voleva modificarla. L’economia si basa sul lavoro; il problema è se questo lavoro lo debbano svolgere cittadini o schiavi. Il lavoro può essere etico? Certamente ognuno deve migliorare le proprie capacità lavorative, ma deve anche essere stimolato e guidato da chi il lavoro lo procura. Questa pandemia ha però insegnato che il lavoro è anche collaborazione e contro gli egoismi. Il lavoro è anche spirituale.
Non so se le persone, riunite per decreto a casa e obbligate a rivedere certe abitudini, si sono rese conto che tutto sommato la superproduzione che avrebbe sfamato il mondo, secondo i sostenitori del mercato globalizzato, sia stata superata in trenta giorni. Le famiglie hanno riscoperto cibi fatti a casa, alimenti dimenticati e vecchie usanze alimentari rivedute e corrette. Siamo stati più maturi di quanto pensassimo e di quanto volessero i super produttori proprietari delle aziende del mercato globale.
Ma quando il corona-virus se ne sarà andato, ripenseremo a queste cose o ritorneremo all’Acien Régime? Le nostre scelte saranno la dimostrazione che, poi che il corona-virus passò, rimase o scomparve l’atro, dannoso, pestifero e mortale virus: l’Homo Insipiens, che secondo la Treccani è colui che unisce l’ignoranza alla stupidità.