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Giovanni, il discepolo che riposò sul petto del Signore
     Ireneo era ancora molto giovane quando il suo maestro Policarpo, vescovo di Hierapolis, assecondando l’ardore giovanile di divulgare il Vangelo, lo benedisse e lo inviò tra i popoli delle Gallie. La città di Hierapolis, di cui oggi restano solo bellissime rovine, era all’epoca molto nota perché era un luogo di passaggio per chi dalla Palestina volesse recarsi verso la Grecia, passando per l’Anatolia (odierna Turchia); ci passavano i mercanti che venivano da lontano, con le loro carovane, i quali approfittavano delle acque termali per rimettersi in sesto dalla stanchezza, ma ci erano passati anche tutti, o quasi tutti, gli apostoli e i discepoli di Gesù nel loro peregrinare per portare al mondo la «bella novità» (εὐαγγέλιον), il Vangelo. Era passato anche l’apostolo Giovanni e ci si era anche soffermato per un bel po' di tempo. Ed è stato proprio Ireneo, oramai anziano e vescovo della città di Lione, a raccontarci che, a Hierapolis, Giovanni, durante il suo soggiorno, aveva raccontato la sua esperienza vicino al maestro Gesù e aveva sempre accanto a sé due giovani, assetati di sapere, i quali lo sollecitavano con molte domande: uno si chiamava Policarpo che, quando Giovanni si recò verso Efeso con la Madre di Gesù, venne eletto vescovo di Hierapolis; l’altro era Papia che dai racconti dell’apostolo aveva compilato ben cinque libri dal titolo «Spiegazione dei detti del Signore», dei quali purtroppo non rimangono che poche affermazioni, ma da queste si desume che Giovanni molto aveva raccontato.
     Anticamente si riteneva che la memoria risiedesse nel cuore. Ancora oggi i francesi usano il detto antico «apprendere attraverso il cuore» (apprendre par coeur) per dire «imparare a memoria». I primi cristiani chiamavano Giovanni come il «discepolo prediletto di Gesù» o «colui che ha appoggiato il capo sul petto del Maestro»; egli aveva appreso dal cuore della memoria del Cristo ed era portatore delle sue confidenze.

     Certamente molte di queste confidenze erano state raccolte da Papia, del quale però ci dobbiamo accontentare di ben poche asserzioni. Nelle chiese primitive comunque, dell’Asia prima e poi nelle altre comunità, gli insegnamenti giovannei erano molto seguiti e non erano nemmeno tanto segreti come qualcuno vuol sostenere. Infatti ancora si crede che il Vangelo di Giovanni sia una trasmissione di verità occulte. Non era così per i primi studiosi dei vangeli, gli antichi catechisti, esegeti o i così detti padri della chiesa. Costoro avevano assunto il compito di tramandare quella scienza dello spirito di cui Cristo era, ed è, il maestro sublime. È vero che la maggior parte di essi provenivano da nobili famiglie. Erano colti, avevano studiato, ma avevano setacciato il loro sapere attraverso le fine maglie della scienza evangelica ed erano diventati servi della Parola e inseganti della verità. Il saggio non si espone per vanagloria, è la prima regola che questi maestri avevano appreso e trasmettevano: «E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?» (Gv 5, 44) Il loro insegnamento passò attraverso le epoche, le persecuzioni dal potere politeista e le ingiurie e i maltrattamenti da chi si chiamavano fratelli, ma il loro sapere, che avevano raccolto da colui che ascoltò il battito del cuore del Maestro, penetrò nell’intrigo degli uomini e come un filo aureo sottile, invisibile, ma resistente, arrivò fino alla fine dei tempi.
     Agli uomini e alle donne, che si accostavano ai maestri della scienza dello spirito, veniva annunciato che Cristo aveva promesso un nuovo Regno di Dio che si sarebbe realizzato sulla terra perché «a quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome» (Gv 1, 12). Ma Dio non ha il fisico di Zeus, con le saette in mano, né gode del sangue né delle carneficine come Ares, e non vive in un Olimpo: Egli ci è Padre e vive nei Cieli, non dentro di essi, ma li compenetra; Egli è il «cosmo (κόσμος)» come lo chiamavano i greci, cioè «ordine». In questo ordine universale il Padre comanda ai corpi celesti perché questi hanno un’anima, infatti è scritto «Io ho comandato a tutte le stelle» (Is 45, 12), e in questa immensa armonia Egli ha molti luoghi abitati, per i suoi amici: «Nella casa del Padre mio vi sono molti dimore.» (Gv 14 2) Nessuno ha mai visto Dio. «Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre”». (Gv 14, 8-9) La terra, parte del mondo, è la dimora provvisoria attuale, ma ci sono altri luoghi differenti i cui abitanti sono diversi dagli uomini, «beati, dotati di corpi più celesti e luminosi» predicava un padre della cristianità. E Paolo aveva affermato: «Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore.» (1Cor 15, 40-41) «Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.» (1Cor 15, 44-46) Ma come arrivare presso le dimore del Padre? «Io sono la via, la verità e la vita.» (Gv 14, 6) E i cristiani cominciarono ad imitare quel Gesù che aveva dettato il modo di vita: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.» (Gv 13, 34)
     «I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo.» (Lettera a Diogneto)
     Mentre i cristiani cercavano di vivere le virtù evangeliche sulla terra, non come dimora stabile, ma soggiorno per ereditare il Regno, «il principe di  L'imperatore Costantino impose la sua autorità sull'impero e sulle chiese cristiane.questo mondo» (Gv 12, 31)), Satana, «si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia» (2Cor 11, 14-15) «L’imperatore vittorioso accentrò su di sé un’unica autorità e iniziò ad annunciare a tutti il regno di Dio. Si dissolse così ogni timore dei mali che opprimeva tutti, e le popolazioni di ogni provincia e di ogni città celebravano splendidi festeggiamenti. Danze e canti facevano conoscere, prima di tutto, Dio, Signore di ogni cosa, e rendevano onore al vincitore.» (Eusebio di Cesarea, Vita dell’imperatore Costantino). Fu così che il l’autorità imperiale prese per mano le chiese dei credenti e fece loro conoscere il piacere del potere, la mollezza dei costumi, e il tintinnio inebriante dell’oro.
     Molti maestri diedero inizio a un movimento minoritario contro l’assimilazione delle gerarchie ecclesiastiche al nuovo ambiente che si era creato: eminenti padri abbandonarono la vita pubblica e comunitaria, come rifiuto della vita sociale, per ispirarsi con libertà ai valori spirituali attraverso l’austerità e la rinuncia. Nacquero così anacoreti e eremiti che ai bordi dei deserti vivevano in capanne o grotte isolati nella preghiera e nella meditazione. Altri invece, senza vivere comunitariamente, seguivano un maestro, sempre in luoghi isolati. Da costoro si diffuse in sordina quei motivi della fede cristiana enunciati dall’apostolo Giovanni. Una sorta di consorteria, senza capo, né regole, né affiliazione, si insinuò all’interno della chiesa ufficiale e si mise a fianco e al servizio di essa. La chiesa giovannea rimase fedele anche quando le istituzioni sembravano andare lontano dalla tradizione apostolica basata sulle beatitudini e sulla rinuncia della mondanità.
     L’imperatore aveva ordinato di abbellare la città di Roma con costruzioni che esaltassero la sua cristianità. Ci vollero trent’anni per costruire la basilica di San Pietro, sopra la sepoltura dell’apostolo Pietro. Lo scopo era quello di avere una costruzione degna della ritualità dei cristiani. Ma mentre i lavori sul colle Vaticano andavano a rilento nel costruire una basilica per proclamare i momenti exoterici della chiesa, il vescovo di Roma, uomo di paglia dell’imperatore, aveva delegato a uno sconosciuto ecclesiastico la costruzione della sede vescovile su un terreno, detto Horti Laterani, regalatogli dall’imperatore. Il delegato ordinò ai mastri costruttori di innalzare una basilica la cui immagine doveva mostrare una chiesa esoterica. Nacque così, ancor prima che si concludessero i lavori in Vaticano, la prima Basilica di Roma che avrà il solenne titolo di Arcibasilica papale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano (Archibasilica Sanctissimi Salvatoris et Sanctorum Ioannis Baptistae et Ioannis Evangelistae in Laterano) Madre e Capo di tutte le chiese nella città e nel mondo (Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput). L'edificio venne orientato in modo tale che l'abside e l'altare fossero rivolti verso oriente, cioè verso il sorgere del sole, da dove «veniva la Luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9), là dove è fisso l’occhio dell’aquila giovannea pronta a ricevere Cristo che ritorna sulla terra.L'aquila, simbolo giovanneo, fissa il suo sguardo a oriente, dove sorgerà il Sole di Cristo di ritorno sulla terra.
     Gli eremiti ritornarono nella vita civile con un compito ben preciso: ricostruire una vera società capace, fin da subito, di essere il seme del nuovo regno. Costruirono comunità, come città di Dio, ben fortificate verso l’esterno tentatore, ma aperte verso il cielo: sorsero le abazie in cui, uomini colti, insegnarono a costruire, a seminare, a leggere e scrivere, ma anche a fermarsi in meditazione e in preghiera. La dissoluzione di questa istituzione, che furono la salvezza del sapere e della cultura umana, crearono nuovi movimenti di uomini ecclesiastici e civili che obbligarono la oramai denominata Chiesa romana a tagliare il cordone di schiavitù e sudditanza ultra pagata con l’impero. Ci furono momenti di grande fermento nella chiesa giovannea, tutta dedita a tentare una riforma radicale della vita dei vescovi. Ci furono vittorie, ma anche molte sconfitte. Lo spirito di Giovanni volò attraverso i movimenti pauperisti, parlò per bocca del fraticello di Assisi, fece impallidire di vergogna i cardinali simoniaci attraverso l’opera di Caterina la ragazza anoressica. Ci furono, nella necessità del cambiamento delle società, la creazione di società di uomini saggi e spirituali per tramandare le verità giovannee. Anche su costoro si abbatté la subdola intrusione dello spirito satanico dopo che la divulgazione di Cagliostro era arrivato presso le corti d’Europa. Poi ci fu la grande guerra dei roghi, delle torture, delle falsità, delle omissioni per abbattere quelle nozioni che oramai la stessa scienza stava scoprendo: così finirono le massonerie giovannee, così finì, con un chiodo alla lingua perché non parlasse, Bruno.
     Ma i tempi cambiano e con essi si sviluppano nuove armi e si affinano nuove strategie. Le consorterie delle logge esoteriche si erano abbandonate alle nuove logiche del potere politico ed economico; esse avevano intrecciato loschi rapporti con gli stati sovrani innescando reazioni di nazionalismi portatori di razzismi e guerre. Contemporaneamente nasceva uno stato occulto, criminale e satanico per conquistare il mondo e le anime degli uomini e renderli schiavi e vittime del benessere materiale. La terra, una delle anime del sistema, non può essere in mano alla malvagità, e il cosmos, l’ordine, non può andare in squilibrio. Fu così che «il Verbo», sentì il lamento della Madre, perché «In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini» (Gv 1), e la strinse a sé con mille rivoli di luce. Satana e i suoi figli videro gli «angeli di Dio salire e scendere» (Gv 1, 51) e videro la potenza della Parola «Appena disse «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra.» (Gv 18, 6). Avvenne quanto fu detto: «Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno. Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra.» (At 2 17-19). I giovani veggenti raccolsero l’amorevole appello della santa Madre, i contattisti divulgarono i consigli e le preoccupazioni dei saggi fratelli delle dimore cosmiche, novelli Battista percorsero il deserto spirituale delle città terrene gridando «Giustizia!», il calice della comunione vivente prese la Croce di sofferenza e la sua parola rimbombò ai quattro angoli della terra: «Il Giudice è tornato!»