Il Sacerdozio abolito
Un lettore mi ha fatto notare che nelle conferenze sono solito spiegare che il termine “sacerdote” derivi dal latino “sacra docens”, maestro, insegnante delle cose sacre; quindi ha sottolineato che egli mai ha sentito o letto tale derivazione etimologica e che è quindi inventata! Accusato, processato e condannato. Senza avere l'intenzione di difesa e tanto meno di considerarmi nel vero, sono andato a riprendere i miei polverosi appunti e le mie vecchie letture e ho elaborato quanto segue, senza pretesa che ciò sia esaustivo.
Stando a quanto scritto nei Vangeli, si fa riferimento ai sacerdoti 32 volte. Il termine che viene usato, sia nel racconto degli evangelisti o come pronunciato dallo stesso Gesù, si riferisce al “sacerdote” presente nella società ebraica, ai ministri della religione ebraica, ai membri del Sinedrio. Matteo usa la parola “sacerdote” otto volte, mentre nel testo di Marco la si legge nove volte; Luca utilizza “sacerdote” solo in cinque momenti del racconto; nel vangelo di Giovanni leggiamo il termine dieci volte. Giammai si fa riferimento ai discepoli, che seguivano Gesù, né agli apostoli, che egli si era scelto, come sacerdoti. Chi è dunque il sacerdote del cristianesimo?
Putin – Bergoglio: tra ambiguità, bugie e segnali
In meno di due anni, Vladimir Putin si è recato in visita in Vaticano per due volte. Il primo incontro è avvenuto a novembre del 2013. La seconda volta il presidente russo ha incontrato papa Francesco il 10 giugno del 2015.
In verità Putin si era già incontrato due volte con Giovanni Paolo II nel 2000 e nel 2003, e un'altra volta con Benedetto XVI nel 2007. Gli incontri con Karol Wojtyla furono sicuramente i più tesi. Wojtyla voleva far pesare sul leader russo il possibile coinvolgimento del KGB nell'attentato al papa del 13 maggio del 1981, e Putin in quel tempo era operante, seppure in Germania con la copertura di interprete, come tenente colonnello dello spionaggio comunista sovietico.
13 maggio 2017: ecco cosa accadrà!
Cosa succederà il 13 maggio? Sono parecchi mesi che si aspetta questo momento, così come si aspettava il primo gennaio del duemila, anno che prevedeva “non più mille” di altri anni, così come si aspettava il 21 dicembre del 2012 indicato dal popolo Maya come la fine del loro calendario. Il 13 maggio 1917, a Fatima, i tre pastorelli più famosi del mondo avevano visto la Madonna. Cova de Ira, il luogo delle apparizioni, si è trasformato in questi cento anni nel santuario più grande e più conosciuto del mondo cristiano e, così dicono le statistiche, vi si recano quasi dieci milioni di pellegrini ogni anno, pari agli abitanti del Portogallo. Sono passati cento anni da quell'avvenimento e ci si chiede (non in molti a dire il vero) se il terrorismo, se le guerre in Siria e in Africa, se i migliaia di profughi che ingolfano non solo le terre europee, ma anche i pensieri e i valori degli occidentali, se le tensioni internazionali che hanno fatto dire a papa Francesco che stiamo vivendo la terza guerra mondiale “a pezzi”, come una telenovela, se tutto ciò sia collegato all'apparizione di Fatima e ai suoi messaggi segreti.
Francesco d'Assisi, il Sultano d'Egitto e Federico II - Quarta parte
Terminato il Capitolo delle Stuoie, Francesco partì con alcuni suoi frati a predicare per varie regioni d'Italia. Le sue tracce si confondono tra storia e leggenda, tra documenti certi e tradizioni popolari. Quello che è certo che oramai sentiva la necessità di vivere la sua testimonianza di imitazione di Cristo, anche se malato e quasi cieco. Molte città Italiani riecheggiarono del suo saluto “ la pace sia in questa casa” che era uguale a quello sentito in Egitto dai mussulmani: “As-Salamu alaykum ” ; in molti borghi ancora si narrano i suoi miracoli.
A Gaeta narrano che predicava in piazza, che risuscitò un uomo infortunato mentre costruiva una chiesa, che resuscitò un bambino morto a causa di acqua bollente. A Montella, nell'avellinese, si ricorda come Francesco, con il suo compagno, fermatosi a dormire in aperta campagna, una forte nevicata lo sorprese, ma la neve cadde ovunque ad eccezione dove riposavano i frati. Sembrerebbe che Francesco sia sceso anche a circa cento chilometri più a sud, ad Agropoli in cui ancora oggi molte sono le testimonianze del suo passaggio. E' possibile a questo punto che Francesco abbia avuto la necessità di parlare con Federico II: l'imperatore doveva andare a guerreggiare contro al-Malik con il quale egli aveva parlato e ricordava che il sultano “lo ascoltava molto volentieri”. Non è certo che Francesco volesse incontrare Federico, ma è certo che egli passo a visitare la Provincia francescana di Apuleia. Era questa una provincia vastissima che passava dal Molise per comprendere la Puglia e la Basilicata. Francesco lasciò gli scogli di Agropoli, dove un nugolo di pesci si erano riuniti ad ascoltare le sue prediche; scese nella Lucania e, “nel paese di Pomarico”, risuscitò una bambina. Una leggenda popolare ci dice che, sceso dalle montagne materane, percorse la Murgia e passasse presso il maestoso Castel del Monte e si diresse verso Bitonto. Qui lo attendeva il fedele frate Luca, che era tornato da poco da Acri, dove Francesco lo aveva lasciato a predicare. Nella città di Bitonto, sul colle più alto della città, fu eretta la chiesa dedicata a San Francesco d'Assisi in ricordo della visita in questa città di Francesco con il suo confratello Luca.
Francesco d'Assisi, il Sultano d'Egitto e Federico II - Terza parte
Terminata la visita, Francesco e al-Malik al-Kamil si salutarono probabilmente nella comune convinzione dell'inutilità della guerra. Certamente in Francesco questo era una certezza, nel Sultano forse una scelta di tornaconto politico. Egli non aveva ottenuto né il martirio, né la conversione dei mussulmani. Possiamo pensare che si sentisse deluso e che pensasse a un fallimento. Aveva però conosciuto un islam diverso da quello “raccontato” in Occidente. Aveva sentito vibrare l'amore nel cuore dei credenti che non rassomigliava a qualcosa di diabolico: Francesco aveva guarito indemoniati, aveva scacciato intere legioni di diavoli che dominavano le città, e quindi sentiva la sensazione che procura il male ad uno spirito sensibile di uomo ascetico. Da questo momento in poi Francesco tace sull'esperienza in Egitto. Non ne parla come aveva sempre fatto con la crociata: non si era mai espresso sulla “missione” militare dei cristiani, non aveva mai commentato sulla utilità della guerra contro quei “diavoli” di islamici. La sua crociata era “predicare la fede di Cristo”.
Sia in cielo che in terra
Il succedersi degli avvenimenti nefasti sulla terra ci ricordano, ogni giorno, i segni predetti da Gesù prima della “fine” del mondo (Mt. 24). Eppure il nostro istinto di sopravvivenza ci porta a sperare che tutte le bellezze naturali che ci circondano non debbano finire: ci entusiasmiamo difronte a una esibizione artistica, nell'ascoltare una musica o una canzone; un tramonto o un'alba provocano in noi emozioni indescrivibili; la bellezza di una donna o di un uomo ci avvincono; il mare, i fiumi, le fragorose cascate inebriano le nostre sensibilità. Tutto ciò che di bello e che ci circonda, ci lega passionalmente a questo pianeta. Forse è per questa attrazione che leghiamo la “fine” solamente alla terra, agli uomini e alle cose di questo pianeta.
Francesco d'Assisi, il Sultano d'Egitto e Federico II - Seconda parte
Intanto Federico II si era recato in Germania per rinsaldare l'unione con i principi tedeschi i quali lo incoronarono nuovamente, ad Acquisgrana nella chiesa palatina di Carlo Magno, nel 1215, re "dei Romani", cioè re di Germania e futuro imperatore. In quell'occasione fece la solenne promessa di intraprendere una crociata.
Secondo il professor Hubert Houben, Ordinario di Storia Medievale presso l'Università di Lecce, “Il gesto fatto da Federico II nel 1215 è anche una espressione della sua religiosità, un ringraziamento verso Dio per essere riuscito a conquistare la dignità regia. Quindi un atto che è più di una mossa diplomatica per togliere l'iniziativa in questo campo al papa.”
Anche Innocenzo III, con la bolla Quia maior nunc, indicendo il nuovo Concilio Ecumenico, nello stesso tempo bandiva la crociata, sottolineando che tutti i principi della terra, in quanto vassalli della Chiesa. avevano il dovere di soccorrere “Rex regnum, Domine Jesus Christus”. Afferma lo storico professore Franco Cardini che “nella bolla di Innocenzo III non si trovano limitazioni per chi, chierico o laico, giovane o vecchio, ricco o povero, intenda partire.” La crociata era un appello universale. La partenza era fissata per il primo di giugno dell'anno 1216.
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